Classe 1970, Marija Dzidzeva è tra i cineasti macedoni che si battono per un nuova rappresentazione del popolo e della storia nazionale, convinta che nonostante le difficoltà si possa “dissotterrare la storia... gli uomini e la loro storia, i colori e il paesaggio, la musica”. Divisa tra programmi televisivi, anche per per l'infanzia, e progetti cinematografici, ha realizzato una decina di documentari ispirati a problematiche contemporanee. Nel 2008, per Look at the life trough my eyes, ha tratto spunto dalla vicenda di un villaggio albanese, in cui un’impresa farmaceutica lasciò medicinali scaduti a discapito dei bambini. Concentrandosi sulle persone – più che su una denuncia dei fatti talvolta fine a sé stessa, e meno efficace se spersonalizzata – strutturò il film in modo quasi antropologico. Trascorse molti mesi presso una famiglia del villaggio, raccogliendo i racconti, le speranze, i desideri e i dolori di una madre di cinque figli, riprendendone solo gli occhi (il marito non diede il permesso di mostrarla in viso). Ma già il fatto che una donna mussulmana comparisse e parlasse in un film, destò scalpore.
Altresì, per la regista Biljana Garvanlieva (1973-2016), la Macedonia era un luogo difficile in cui lavorare. Viveva a Berlino perché “quando Belgrado fu bombardata, da un lato non volevo esser parte di quel conflitto e dall’altro dovevo fuggire dall’ottusità della Macedonia, poiché lì non avrei potuto realizzarmi come artista”. La cineasta si è sempre schierata contro gli stereotipi sulle ragazze e sulle donne del suo paese. Nei film da lei girati le donne sono protagoniste della propria vita, come sua cugina Emilia in La suonatrice di fisarmonica (2006), dove una talentuosa e ambiziosa musicista non vuole suonare solo nei pub macedoni, ma desidera esibirsi all'estero. Per poter suonare ad alti livelli, tuttavia, avrebbe bisogno di uno strumento nuovo, ma i suoi genitori non possiedono i 6.000 € necessari per acquistarlo. Di notte, in preda dello sconforto, Emilia si domanda “Non vedo alcun futuro qui. Come posso andare avanti?”. A proposito del film, la regista ha dichiarato “La sua sfida sarà superare gli ostacoli, cercare il proprio posto nel mondo, lasciare il paese d'origine per potersi realizzare all’estero: questa è stata anche la mia storia”. Conosciuta soprattutto come autrice di pluripremiati documentari sui diritti umani, la Garvanlieva ha sempre raccontato vite di donne svantaggiate in Macedonia. In The Seamstresses ci mostrale lavoratrici tessili di Štip. In Tobacco Girl narra la storia della quattordicenne Mümine, appartenente alla comunità Yörük, un gruppo etnico turco che vive sulle montagne della Macedonia dell'Est. Mümine si oppone alla tradizione che impone il matrimonio alle ragazze adolescenti. La cineasta spiegò “In quanto autrice di documentari impegnati, il mio scopo è quello di fare a pezzi l'immagine convenzionale delle donne macedoni. Sono sempre rappresentate come vittime di abusi sessuali, oggetti, casalinghe e prostitute, ma mai come eroine. Così ho voluto presentare la mia eroina che fa un lavoro molto duro – raccoglie tabacco per guadagnare il denaro per le spese scolastiche. A quattordici anni, Mümine ha dei piani molto maturi: vuole lasciare il paese perché non vuole trascorrere una vita intera a far essiccare il tabacco e a partorire bambini. Al contrario, vuole emanciparsi e andare in città, finire la scuola, diventare un'insegnante e sentirsi semplicemente libera.”